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Viaggio a Lisbona

da Patrizia Tomio | Domenica, 8 Marzo 2009

Lisbona è una città che non ti conquista subito, ma che ti entra nel cuore solo un po’ alla volta. Dopo averla percorsa a lungo, possibilmente a piedi, nel suo snodarsi tra vicoli pittoreschi, stradine selciate, grandi piazze circondate da palazzi, salite e scalinate che ti portano sulle colline, su cui la città è costruita e dalle quali affacciarsi per godere la vista sul Rio Tejo.

Vicoli e scalinate, a volte strettissimi, come quelli dell’Alfama, su cui si affacciano case che sembrano avere occhi per guardarti, mentre ti avventuri per un dedalo di viuzze alla ricerca di scorci suggestivi, probabilmente non conosciuti al turismo tradizionale, dove vedi piccole taverne simili a cantine e piccoli ristorantini che ti offrono gusti e sapori nuovi, dove riscopri brevi squarci di cielo e mare, in una giornata piovosa e di vento.

Ed è così che, accompagnati dalle note malinconiche del Fado, che un abitante della zona diffonde a tutto volume dalle finestre aperte, che raggiungiamo il Castelo de Sao Jorge, un tempo palazzo reale, di cui oggi restano solo pochi resti, che però lasciano immaginare la storia di questo luogo, dominato dai mori per oltre quattrocento anni.

Non meno affascinante è la zona di Belém, che richiama le suggestioni della vocazione marittima di Lisbona: il Mosteiro dos Jeronimos, simbolo della ricchezza ottenuta a seguito delle scoperte, la Torre di Bélem, punto di partenza per i grandi viaggi verso terre sconosciute, ma anche il più recente Monumento alle Scoperte (Padrao dos Descobrimentos), eretto per ricordare lo straordinario sviluppo del Portogallo in quell’epoca.

Una città, dunque, che, in passato, ha visto partire uomini per mondi sconosciuti e lontani e che, oggi, vede arrivare gente da tutto il mondo in un crogiolo di razze e lingue.

A noi che siamo stati qui, l’emozione forte di aver scrutato l’orizzonte lontano in fronte all’Oceano, nel punto più ad ovest dell’Europa (Cabo da Roca), di aver provato la forza del vento sui nostri visi, di aver sentito l’odore salmastro dell’acqua che dopo essersi raccolta in onde altissime si frange sulle scogliere in una miriade di piccolissime gocce: e piccole gocce siamo anche noi di fronte a questa immensità.

Gennaio 2009

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