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da Patrizia Tomio | Mercoledì, 8 Ottobre 2008

Famiglia, meno ideologia e più fatti 

Vorrei sottolineare la centralità del tema famiglia, sgomberando il campo da alcuni equivoci di fondo. In sintesi, le politiche familiari si possono concentrare su due piani: forme di sostegno economico, da un lato, attraverso l’adozione di politiche fiscali adeguate, la corresponsione di contributi e la riduzione dei costi di accesso ai servizi pubblici (mense, trasporti, ecc.); dall’altro, l’adozione di misure che favoriscano concretamente la conciliazione tra gli impegni di cura ed educazione in ambito familiare e gli impegni professionali dei genitori (entrambi i genitori).
Rispetto alle esperienze maturate all’estero, in particolare in alcune aree del nord Europa, l’Italia deve ancora sviluppare politiche familiari, anche in relazione alle famiglie numerose, soddisfacenti ed efficaci. D’altro canto, è evidente, come l’ambito di operatività provinciale sia necessariamente limitato in relazione alla distribuzione delle competenze tra ambito locale e nazionale: ciò vale sia con riferimento agli aspetti fiscali (esempio definizione di detrazioni e deduzioni), sia con riferimento alle misure che favoriscono la conciliazione, stante la presenza di contratti collettivi nazionali di lavoro o altre normative emanate dal governo centrale.
Certamente non soddisfano le famiglie, ed in particolare le famiglie numerose, interventi come il cosiddetto «bonus bebè», elargizione una tantum di mille euro, corrisposta in occasione della nascita di un figlio, introdotta dal governo Berlusconi: l’ammontare del contributo e soprattutto la mancanza di continuità consentono di mettere in discussione la capacità di simili strumenti di essere reale sostegno alla situazione economica delle famiglie. Tanto meno si supportano le famiglie, con riferimento ai temi della conciliazione, con l’adozione di provvedimenti come quelli varati recentemente dal governo Berlusconi, che, di fatto, limitano l’accesso al part-time per migliaia di lavoratori: part-time che costituisce una delle forme più significative di flessibilità nell’erogazione delle prestazioni lavorative, volta a favorire in primo luogo le donne, in virtù del loro insostituibile e spesso sottovalutato lavoro all’interno delle nostre famiglie.
Credo, invece, che gli strumenti per adeguate politiche familiari siano legati all’utilizzo di criteri di equità, come quelli introdotti con l’Icef, eventualmente da perfezionare e rimodulare alla luce delle esperienze concrete, l’accessibilità ai servizi pubblici a tariffa ridotta in relazione al numero dei componenti il nucleo, l’attivazione di servizi per l’infanzia (esempio asili nido, scuole a tempo pieno, ecc.), la modernizzazione della pubblica amministrazione anche attraverso l’erogazione di servizi, compresi quelli per l’accesso alle agevolazioni in parola, per via telematica, ecc.
Su questi temi si sarebbe dovuto a mio avviso svolgere il confronto domenica all’incontro promosso dall’Associazione Famiglie con i candidati alle elezioni. Perché questi sono i temi che possono produrre risultati concreti, e con un reale sguardo al futuro (come recitava il titolo): peccato che da parte di qualcuno sia prevalsa la tentazione di inopportune lezioni di morale e di qualche racconto pietistico, poco credibile quanto strumentale. 

Categoria: Comunicati stampa |

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